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Chi sono e cosa vivono i Bambini con DSA?
I dati epidemiologici attuali riportano che circa il 3-6% della popolazione scolastica presenta significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di lettura, scrittura e calcolo, si parla di circa un alunno per classe. Il disturbo non è direttamente attribuibile ad alterazioni neurologiche o ad anomalie di meccanismi fisiologici , deficit sensoriali , a ritardo mentale o a fattori ambientali.
La diagnosi di disturbo dell’apprendimento della letto-scrittura può essere fatta al secondo anno di scuola elementare, quando si ritengono ormai acquisite le competenze basiche e formali necessarie per questi apprendimenti; mentre per le abilità logico-matematiche si attende la terza elementare. In un’altissima percentuale di casi, un disturbo della letto-scrittura si associa ad uno riguardante le abilità logico-matematiche.
Nella maggior parte dei bambini, inoltre, un disturbo specifico dell’apprendimento sfocia in anomalie nelle relazioni interpersonali e disturbi emotivi e comportamentali : Il problema non è semplice e ha una lunga evoluzione, modificandosi con il passare degli anni e del ciclo scolastico. In ogni fase l’atteggiamento dei docenti, dei compagni di classe e della famiglia hanno un grande peso nel determinare evoluzioni positive o negative del vissuto psicologico di questi bambini.
Il bambino può vivere un sentimento di frustrazione, dovuto alla sua incapacità di soddisfare sempre le richieste e le aspettative dei genitori e/o degli insegnanti. Anche l’ansia è un altro vissuto psicologico del bambino con DSA, che porta ad evitare, molto spesso, esercizi e compiti ritenuti difficili. Un genitore o un’insegnante può, invece, interpretare questo comportamento come svogliatezza o pigrizia, sottovalutando l’aspetto emotivo del problema e assumendo un atteggiamento “giudicante”, che di certo non stimola il bambino a migliorarsi. Se queste emozioni non vengono ascoltate, molto spesso, possono trasformarsi in rabbia: rabbia contro i genitori, gli insegnanti, la scuola; e in vissuti depressivi: tristezza, mancanza di fiducia in sé, disistima, sentimenti auto-distruttivi, senso di non valere niente, isolamento dai coetanei, solitudine, ma anche comportamenti provocatori verso la scuola e i coetanei, proprio per mascherare il sentimento di dolore. Inoltre, non sono del tutto da sottovalutare le relazioni e l’integrazione con la classe, fondamentali per la stima di sé: il bambino, infatti, può percepire la sua “inferiorità” rispetto agli altri compagni, può sentirsi inadeguato, incompetente rispetto al livello di apprendimento della classe e quindi può mettere in atto una serie di comportamenti, che come abbiamo visto, sono deleteri per la sua crescita affettiva e cognitiva. Questi vissuti rischiano di strutturare una personalità condizionata dalla bassa autostima che avrà ricadute persistenti sul futuro personale e professionale.
Conclusioni :
Alla luce di tutte le considerazioni riportate, la medicina dell’evidenza sottolinea costantemente l’importanza di un’individuazione diagnostica precoce, accompagnata da un trattamento di recupero altrettanto immediato, in modo che vi possa essere un margine di guadagno favorevole e per limitare gli effetti consequenziali al disturbo.
Un lavoro di collaborazione tra famiglia, scuola e operatori sanitari (psicologo, logopedista, neuropsichiatra infantile) favorisce il miglioramento delle condizioni psicologiche del bambino, che si sentirà più sicuro delle sue capacità e vivrà maggiori occasioni di gratificazione e soddisfazione, dovuti alla consapevolezza di progredire nel percorso scolastico e di acquisire, via, via, maggiori competenze nella lettura, nella scrittura, nel calcolo, nella logica, e nella comprensione del testo.
Riabilitazione Equestre (ippoterapia)
L’Ippoterapia è l’insieme di tecniche mediche che utilizzano il cavallo per migliorare lo stato di salute di un soggetto umano.
Da questo punto di vista è da distinguersi dalle semplici pratiche ludiche che coinvolgano il cavallo senza il controllo di personale medico specificamente preparato.
L’ippoterapia consiste nell’induzione di miglioramenti funzionali psichici e motori attraverso l’attento uso dei numerosi stimoli che si realizzano nel corso della integrazione uomo-cavallo
È necessaria una specifica selleria mentre per il paziente non è previsto un particolare abbigliamento, proprio perché si tratta di sedute di terapia e non di concorsi di equitazione.
Per questa pratica si necessitano animali il più affidabili possibile: tranquilli e mansueti.
Si distinguono quattro fasi fondamentali:
– “Maternage”: Può essere considerata una fase preliminare del paziente che, insieme al terapista, comincia il suo approccio al cavallo;
– Ippoterapia: consiste nella somministrazione degli esercizi terapeutici al soggetto malato che non si occupa direttamente dei movimenti e degli altri stimoli provenienti dal cavallo ma a questi risponde automaticamente; questa fase è tanto più efficace quanto più attenta è la scelta e la progressione degli esercizi somministrati dalla equipe medica.
– Riabilitazione equestre: è una fase avanzata della cura. In essa il paziente controlla direttamente il cavallo attraverso le proprie azioni, re-inserimento sociale, punto di arrivo ottimale di tutto il programma terapeutico, il re-inserimento sociale può essere realizzato attraverso il mezzo del cavallo in quella parte dei pazienti che abbiano superato i deficit psico-motori originari che erano di ostacolo alla piena affermazione della persona.
L’ ippoterapia è rivolta, oltre che ai soggetti con patologie classiche della paralisi cerebrale infantile, dell’autismo o della sindrome di Down, anche ai soggetti con patologie acquisite in conseguenza di traumi correlati alla infortunistica stradale e del lavoro.
Mediazione Familiare
La mediazione familiare è un intervento psicologico il cui obiettivo specifico è quello dell’attenuazione o se possibile della risoluzione dei conflitti familiari.
A questo tipo di intervento possono rivolgersi coppie in via di separazione o separate anche da molto tempo. L’importanza di questa forma di consulenza alle famiglie in trasformazione deve essere vista come forma di prevenzione e intervento sulla violenza che, a causa della conflittualità cronica, viene esercitata sul minore stesso e tra gli ex coniugi.
La Convenzione di New york del 1989 e la Convenzione Europea del 1995 definiscono necessario tutelare i diritti dei bambini, assicurando loro la continuità e la stabilità dell’ambiente affettivo e relazionale in cui sono allevati ovvero definiscono necessario assicurare al minore la continuità dei suoi affetti perché egli possa mantenere e sviluppare rapporti con entrambi i genitori e con le rispettive famiglie d’origine. Questo diritto alla bigenitorialità dopo la separazione e il divorzio dei coniugi è di fatto eluso, in quanto è ancora carente una cultura della separazione che tenga conto dei diritti del minore, anziché delle rivendicazioni dei coniugi.
Nella famiglia, infatti, i diritti e i doveri che ciascun soggetto ha come persona si esercitano in relazione ai diritti e ai doveri degli altri. Secondo questa prospettiva, garantire i diritti dei minori in quanto figli, significa anche garantire che ciascuno dei genitori deve poter essere messo in grado di assolvere ai suoi impegni legati alla funzione genitoriale: si garantiscono i diritti dei figli alla bigenitorialità, garantendo, promuovendo, sostenendo e affiancando la funzione genitoriale. Pertanto nei casi in cui essa è carente, per i noti fenomeni di frammentazione ed indebolimento della famiglia contemporanea legata ad una dinamica sociale sempre più a rischio, la famiglia va proposta come oggetto diretto di intervento e sostegno per un recupero delle sue potenzialità. Il minore è triangolato all’interno della conflittualità dei due genitori che continuano a confondere l’area coniugale con quella genitoriale.
La mediazione familiare, diffusasi nell’anni ’80 in USA e Canada e successivamente nella maggior parte dei Paesi Europei, si sta affermando anche in Italia come forma specifica d’intervento nella regolamentazione delle controversie e della conflittualità dei genitori separati o in fase di separazione.
La mediazione si differenzia dall’arbitrato e dalla psicoterapia di coppia. Si offre agli ex coniugi una situazione di ascolto, di dialogo, di negoziazione, con l’obiettivo di trovare un accordo sull’organizzazione della loro vita futura, per collaborare nell’adempimento delle funzioni genitoriali.
La negoziazione avviene su contenuti specifici, cominciando dai problemi meno gravi per finire con quelli più difficili per cercare di consolidare un clima di fiducia attraverso qualche piccolo successo.
Le aree della controversia vertono: sull’affidamento dei figli e sui modelli educativi; sui beni e sulle risorse economiche e finanziarie; sugli impegni e responsabilità che ciascuno può prendersi per l’educazione e il mantenimento dei figli; sulle risorse economiche e materiali necessarie per il mantenimento di un adeguato tenore di vita di entrambi. Le questioni vengono affrontate una per volta, in modo che si possa capire il punto di vista di ognuno e i singoli interessi. Inoltre, si deve fare attenzione alle risorse emotive e alle capacità di ciascun coniuge di fare qualche progetto per il proprio futuro, dimensione mentale necessaria a distogliere la persona dalla rigidità conflittuale.